Al centro dei racconti del Natale sta il bambino.
È Lui, il piccolo d’uomo, che “domina” la scena e la caratterizza.
Tutto è determinato dalla sua grandezza nell’essere e farsi uomo e per di più, Piccolo.
[Maria] diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio (Lc 2, 7)
[I pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia (Lc 2,16).
[I Magi] entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra (Mt 2, 10).
Perché il mistero grande del Natale è che Dio si fa uomo. Meglio si fa piccolo uomo, si fa umile…
Lui non è in contraddizione, lui anzi è la logica perfetta, il pensiero perfetto del Padre e quindi è la logica piena. Se si deve fare uomo, si fa uomo, si fa piccolo; se si deve fare uomo e piccolo, si fa impotente; se si deve fare piccolo e impotente, si fa umile (G. Dossetti).
È, questo, il paradosso del Natale (dell’esperienza cristiana in genere).
Noi cristiani, siamo chiamati ad essere uomini e donne adulti, maturi, grandi, consapevoli, corresponsabili nella pastorale della comunità, ma allo stesso tempo, siamo invitati a riconoscerci nella figura del bambino.
Gesù stesso, invita i suoi discepoli a prendere la forma del Piccolo, non solo in questo tempo di Natale.
In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: «Chi dunque è più grande nel regno dei cieli?». 2Allora chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro 3e disse:
«In verità io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. 4Perciò chiunque si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli. 5E chi accoglierà un solo bambino come questo nel mio nome, accoglie me » (Mt 18, 1-5).
Gesù pone al centro della scena, il bambino:
Il bambino è colui che ha davanti a sé tutta la vita, ed è quindi una persona “aperta”.
Bambino è sinonimo di umile, è la condizione di chi è umile, di chi si fa servo. Come Gesù.
Sono i bambini che ricevono il Regno, loro che non hanno nessun titolo per entrarvi, come i poveri, i peccatori, gli emarginati, gli ultimi: non meritano nulla, e per questo sono i veri destinatari del suo regno.
Matteo delinea così i tratti di una chiesa che è ben consapevole della tentazione dell’uomo di mettersi al di sopra degli altri, e la rifiuta a favore della conversione di tutti al “bambino” che sta al centro, fino a mettersi in stato di servizio. Si tratta, per Gesù, il Piccolo, di imparare ad essere uomini e donne adulti, diventando bambini nell’apertura, nel riconoscersi per quello che si è; nel riconoscerci preceduti dalla Gratuità di Dio; nella semplicità e piccolezza, nello sguardo stupito sul mondo, nella capacità di affidarsi, di fidarsi, nella mitezza.
E’ proprio nella scelta della piccolezza che noi, cristiani, vediamo la serietà della sua scelta!
Questa piccolezza, questo modo di essere di Gesù, possa rendere sempre più vera l’apertura alla fraternità e alla comunione nelle famiglie, tra le nostre realtà e alla vita nelle comunità.